venerdì 27 agosto 2010

UN CASO MELFI ANCHE A PRATO; OPERAIO PAGATO PER 5 ANNI SENZA LAVORARE

PRATO – Il caso dei tre operai della Fiat di Melfi licenziati dall’azienda e reintegrati nel posto di lavoro dal giudice ma impossibilitati a tornare al lavoro perché i dirigenti torinesi hanno deciso di pagar loro lo stipendio ma di tenerli lontani comunque dal posto di lavoro, ha un preciso precedente a Prato accaduto sette anni fa.
Marco Toccafondi, giovane operaio pratese lavorava in un grosso lanificio nella periferia sud della città. Un’azienda con più di quattrocento operai e che fa riferimento ad una delle famiglie più ricche e note fra Prato e Firenze. Era il 2000 quando il giovane operaio costituì un sindacato interno autonomo che nelle elezioni delle Rsu si piazzò al secondo posto davanti a Cisl e Uil. Fu l’unico sindacato che successivamente non firmò l’accordo di lavoro proposto dall’azienda. E, secondo Marco Toccafondi, questa fu la causa principale del contrasto con i dirigenti che di lì a poco lo portò al licenziamento e all’apertura di un contenzioso giudiziario. Nel 2003 il giudice gli dette piena ragione e ordinò l’immediato reintegro nel posto di lavoro. “Ma la mattina che mi presentai per riprendere il mio posto fui portato nell’ufficio del titolare che disse che mi avrebbe pagato lo stipendio ma che non avrei dovuto tornare in fabbrica. Insomma mi pagava lo stesso se non andavo più a lavorare. Io accettai - scrive Marco Toccafondi sul suo profilo facebook – anche perché ho un concetto del lavoro diverso da quello dei tre operai di Melfi e non ritengo che passare otto ore in fabbrica serva a nobilitarci”. Marco Toccafondi ha percepito lo stipendio fino a gennaio 2008 senza andare mai a lavorare. Poi un accordo con l’azienda, che nel frattempo si è fortemente ridimensionata nel personale e nella struttura, ha portato alla risoluzione del contratto e all’accordo sulla liquidazione pagata in più tranche.
E’ questo quello che accadrà anche ai tre operai della Fiat di Melfi? Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha detto la sua sull’argomento, rispondendo alla lettera dei tre operai. L’ad della Fiat, Marchionne, si è detto disponibile a riesaminare il caso. L’auspicio è che non si continui ad un muro contro muro solo per questioni di principio. In questo momento la Fiat avrebbe tutto da guadagnare nell’accettare la decisione del giudice del lavoro e nel far rientrare al lavoro i tre operai di Melfi. Sarebbe anche un bel segnale per tutti, anche perché accoglierli non sarebbe visto come una sconfitta ma come un gesto di distensione sociale perché sì, è vero, forse la società è cambiata non possiamo più dividere il mondo del lavoro in padroni ed operai; ma è anche vero che quando ci sono da fare i sacrifici questi vengono chiesti agli operai e quando ci sono i lauti guadagni questi se li intascano solo i padroni. Se dobbiamo rivedere il concetto di lavoro allora dobbiamo rivederlo a trecentosessanta gradi.

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