Trecentomila euro per l’acquisto di attrezzature mediche per
l’ospedale Santo Stefano. Bravi. Trencentomila euro con costituzione di un fondo da finanziare anche con donazioni di privati per sostenere i cittadini e le famiglie in
difficoltà economiche. Bravi.
Zero euro per finanziare
il fondo Prato Riparte per aiutare quegli artigiani e commercianti che a causa
della chiusura per l’emergenza coronavirus rischiano di non riaprire
la bottega per mancanza di quel minimo di liquidità necessaria alle prime
incombenze. Peccato.
La Fondazione Cassa di risparmio di Prato ha commesso un errore (un altro e mi auguro che ci ripensi), nascondendosi dietro uno “Statuto che non
ha fra le proprie finalità benefiche quella di sovvenzionare artigiani ed
esercenti in difficoltà”. Una giustificazione forse giuridicamente valida ma
eticamente e strategicamente sbagliata. A
chiedere di partecipare in prima persona al finanziamento del fondo Prato Riparte era stato il comitato di Prato
di Azione che vorrebbe dare vita a questa iniziativa per offrire liquidità alle
piccole e medie imprese (bar, ristoranti, aziende di piccole dimensioni…) col
solo obbligo di restituire quanto ricevuto e quindi senza interessi, a
cominciare dal secondo anno.
Il rifiuto è stato a mio parere eticamente sbagliato perché anche in questo caso si tratta di andare ad
aiutare soggetti che sono in difficoltà economica, e lo è stato anche a livello
strategico perché se non si aiuta chi salvandosi può poi offrire anche lavoro
allora vuol dire che pensiamo di avere sempre e solo persone e famiglie
bisognose da assistere senza porre le condizioni affinché possano mantenersi da
sole trovando un lavoro.
Mi auguro che la Fondazione sappia trovare nel proprio
Statuto la via giusta per finanziare anche quella categoria che rappresenta la
spina dorsale della sua stessa esistenza. Senza le piccole e le medie aziende
cosa farebbero le banche?
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