Adesso tutti i consiglieri (del Pd in maggioranza, ed anche tutti quelli di opposizione) sanno che:
1) il Comune pagherà 375.000 euro all'Epp per canoni di affitto non riscossi dalla stessa società nel 2014;
2) che l'assessore Luigi Biancalani, più volte chiamato ad esprimersi
in consiglio comunale sulla situazione dell'Epp ha dichiarato: "... se
andate a vedere i bilanci vi rendete conto che c'è un enorme, aggiungo
parola enorme, risparmio sulle spese del personale", "...permettetemi
un giudizio, poi concludo subito, vorrei dare un giudizio molto
positivo... io mi devo complimentare con gli uffici di Epp che hanno
svolto questo tipo di attività. E' una società sana..."
3) che il consiglio di amministrazione dell'Epp ha aumentato nel 2011 con una semplice delibera, senza informare l'assemblea dei soci - ovvero i comuni della provincia di Prato - di 135.000 euro gli stipendi degli undici dipendenti, promuovendo quasi tutti con passaggi anche di due o tre livelli e di area, senza concorso;
4) che l'assessore Biancalani ha dichiarato in consiglio che "nella società per azioni Edilizia pubblica pratese, pur essendo a capitale pubblico, non si applicano le leggi in materia di pubblico impiego"
5) che il cda dell'Epp è stato nominato dalla precedente amministrazione di centrodestra.
Per i pignoli e, soprattutto per coloro che giustamente vogliono il supporto legislativo:
3) che il consiglio di amministrazione dell'Epp ha aumentato nel 2011 con una semplice delibera, senza informare l'assemblea dei soci - ovvero i comuni della provincia di Prato - di 135.000 euro gli stipendi degli undici dipendenti, promuovendo quasi tutti con passaggi anche di due o tre livelli e di area, senza concorso;
4) che l'assessore Biancalani ha dichiarato in consiglio che "nella società per azioni Edilizia pubblica pratese, pur essendo a capitale pubblico, non si applicano le leggi in materia di pubblico impiego"
5) che il cda dell'Epp è stato nominato dalla precedente amministrazione di centrodestra.
Per i pignoli e, soprattutto per coloro che giustamente vogliono il supporto legislativo:
La
qualificazione di un ente come società di capitali non è di per sé
sufficiente ad escludere la natura di istituzione pubblica dell’ente
stesso, ma si deve procedere ad una valutazione concreta in fatto, caso per caso. Quello che rileva non è la soggettività in sé (ossia l’elemento formale), quanto piuttosto la tipologia di attività svolte e la capacità a svolgerle (dunque, l’elemento sostanziale).
Quindi, l’identificazione in concreto dell’ente pubblico, laddove
incerta, deve essere fatta analizzando la disciplina giuridica propria
di esso, ricavando da questi elementi, in base a parametri normativamente predeterminati, l’essere pubblico dell’ente. In buona sostanza, l’indagine sulla natura di tali società deve essere svolta privilegiando gli aspetti sostanziali rispetto al dato meramente formale costituito dalla configurazione giuridica dell’ente, secondo un modus procedendi che è tipico del diritto comunitario. In effetti, si è andato consolidando in questi ultimi anni nella giurisprudenza nazionale - in linea con il concetto di impresa pubblica elaborato a livello comunitario, il cui elemento caratterizzante è l’influenza dominante dei pubblici poteri, prescindendo dalla natura formale -, l’orientamento della prevalenza degli aspetti pubblicistici sostanziali sulla forma privatistica ai fini della qualificazione di un soggetto.
Si è quindi affermato che una s.p.a. a totale capitale pubblico è privata esclusivamente per la forma giuridica assunta, ma sul piano sostanziale essa, visto che continua ad essere sotto l’influenza pubblica, è assimilabile ad un ente pubblico.
Si è quindi affermato che una s.p.a. a totale capitale pubblico è privata esclusivamente per la forma giuridica assunta, ma sul piano sostanziale essa, visto che continua ad essere sotto l’influenza pubblica, è assimilabile ad un ente pubblico.
Peraltro
la giurisprudenza (Cons. St., sez. V°, 1/04/2000, n. 2078; sez. VI,
4/04/2000, n. 1948; sez. VI, 1/04/2000, n. 1885) , ritiene che la veste
imprenditoriale ed anche l’eventuale caratterizzazione lucrativa di un
soggetto non ostano alla qualifica in termini di organismo di diritto
pubblico e, quindi, all’equiparazione agli enti pubblici del diritto
interno ai fini della natura pubblica dei relativi atti. Ancor prima,
aderendo alla nozione sostanziale di pubblica amministrazione, il
Consiglio di Stato, con la decisione n. 498 del 20/05/1995 della VI
sez., affermava che in linea di massima “tali società, affidatarie della cura di rilevanti interessi pubblici, conservano inalterata la propria connotazione pubblicistica con la conseguenza che malgrado la trasformazione sono destinate a rimanere pubbliche”. Lo stesso Consiglio di Stato ha altresì affermato che ”…il fenomeno dell’azionariato pubblico e, più in generale, della costituzione di società lucrative da parte della p.a., non si radica esclusivamente nella disciplina di diritto comune, ma presenta aspetti di diritto speciale, connessi al fatto che l’amministrazione, nella sua veste di azionista di una società formalmente di diritto civile, non può che indennizzare le attività societarie a fini di interesse pubblico generale, che fanno assumere alle stesse attività i caratteri della funzione amministrativa e valenza oggettivamente pubblicistica” (Consiglio di St. sez. II°, 20/06/2001 parere n. 1428/2000).
Ogni
dubbio è poi comunque stato fugato con l’intervento del legislatore
statale con il Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito nella
legge n. 133/2008) che all’art. 18 così recita:
“A decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001”.
“A decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001”.
Dal
21 ottobre 2008 quindi, le società interamente pubbliche devono
sottostare alle norme pubblicistiche sul reclutamento del personale
fissate dall’art. 35 del D.Lgs 165/2001. L’articolo di che trattasi
disciplina le procedure di assunzione dei pubblici dipendenti prevedendo
un’adeguata pubblicità alla selezione, con la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale. In tale contesto si è pure registrato un parere
della Corte dei Conti fornito al Comune di Bari del seguente tenore: “una voluntas legis sempre più indirizzata verso l’adozione di misure di contenimento delle spese delle società a partecipazione pubblica, spesso destinatarie di cospicue risorse pubbliche, e pertanto corrisponde a principi di prudenza e di sana gestione finanziaria evitare l’incrementarsi delle spese per incarichi esterni, delle spese per lavoro flessibile e delle spese del personale delle società totalmente partecipate dall’ente locale, rilevato che tali costi potrebbero finire per gravare direttamente sulla casse comunali”.
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