domenica 22 giugno 2014
Giovani sfruttati e ricattati come soci lavoratori in pseudo cooperative
PRATO. "Mettiamo la parola fine a condizioni di lavoro e di vita inaccettabili". Ha perfettamente ragione il sindaco Matteo Biffoni a pronunciare queste parole. Con i funerali degli operai cinesi bruciati vivi nella fabbrica dormitorio del 1 dicembre dell’anno scorso torna l’attenzione su quelle che sono le condizioni in cui si trova a lavorare e vivere a Prato la stragrande maggioranza degli operai cinesi impiegati nel cosiddetto distretto parallelo dell’economia pratese. Una situazione che il presidente della Regione, Enrico Rossi, ha deciso di combattere allestendo una numerosa task force di ispettori da affiancare alle attuali strutture ispettive già presenti sul territorio ma fino ad oggi rivelatesi insufficienti per arginare il fenomeno.
Il mio auspicio è che, caduta anche la giunta di centrodestra che ha avuto occhi aperti solo e soltanto per accertare le irregolarità presenti nel mondo lavorativo gestito dagli orientali, si torni a guardare al mondo del lavoro senza dargli né colore né razza, perché così ci si può accorgere che anche gli italiani non stanno molto meglio.
Mi auguro che finalmente si prenda in considerazione anche il mondo di alcune cooperative dove i nostri giovani non solo vengono sfruttati con salari da fame ma anche tenuti in condizioni di soggezione con ricatti, e dove prestano la loro attività spesso in condizioni di totale insicurezza e con datori di lavoro senza scrupoli.
La paga di un socio lavoratore di queste cooperative è di 6,93 euro l’ora (vi allego una busta paga), che non comprende solo il lavoro orario bensì anche quota della tredicesima e della quattordicesima oltre alle ferie e alle eventuali malattie. E sono sempre 6,93 euro l’ora sia che si lavori di giorno che di notte, nei turni feriali che in quelli festivi. Si tratta di condizioni contrattuali di un secolo fa ma che vengono applicate oggi ai giovani pratesi.
Non comprendo come mai anche i sindacati fino ad oggi abbiano sottaciuto su questo fronte, e non può certo dirsi che non abbiano degli associati fra i dipendenti di queste pseudo cooperative che prendono gli appalti e mettono a disposizione delle aziende i loro soci lavoratori che vanno, di fatto a far parte dell’organico di aziende che hanno il lavoro ma non hanno dipendenti. Sono i titolari di queste aziende ad organizzare il lavoro e far svolgere le mansioni lavorative, giorno per giorno, ai soci lavoratori delle cooperative che però non sono loro dipendenti. Un’anomalia tutta italiana. E così scopriamo che a Prato esistono cooperative con 300, 400, 500 soci lavoratori ognuna. Manovalanza a basso costo per una economia drogata.
Il mondo del lavoro pratese ha bisogno di tornare a rispettare le regole e deve farlo su tutti i fronti. Faccio mie quindi le parole del sindaco Matteo Biffoni pronunciate durante il funerale dei sei cinesi: Mettiamo la parola fine a condizioni di lavoro e di vita inaccettabili.
Quindi facciamo i controlli nelle ditte degli orientali ma facciamoli anche in quelle degli italiani perché è in molte di queste che vengono sfruttati i nostri giovani.
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